Nuove sfide e soluzioni per la retention aziendale

Le difficoltà di retention aziendale aprono nuove sfide al modo in cui le aziende si interfacciano con i dipendenti.

 

È vero che oggi il tasso di dimissioni è in media molto elevato, però ci sono differenze consistenti da settore a settore. Tecnologia, prodotti al dettaglio e media e intrattenimento sono, per esempio, tra i settori più colpiti.

 

Allo stesso modo, all’interno di uno stesso settore, ci sono differenze tra un’azienda e l’altra e tra una funzione lavorativa e l’altra. Quali sono quindi le motivazioni di queste differenze e quali soluzioni possiamo adottare per queste nuove sfide?

Tabella dei Contenuti

HR: la funzione lavorativa con più turnover

Gli esperti di risorse umane sono i primi a rendersene conto e a contrastare i problemi collegati al tasso di abbandono e di retention, anche perché è proprio nell’ambito HR che si riscontra il più alto turnover rispetto a qualsiasi altra funzione lavorativa. Questo dicono i dati raccolti dall’osservatorio LinkedIn in tutto il mondo.

 

In pratica, le risorse umane hanno avuto un tasso di turnover del 15% nell’ultimo anno, il 35% in più rispetto al tasso medio complessivo che è pari all’11%.

I dati raccolti da LinkedIn si basano sull’aggiornamento dei profili professionali e potrebbe quindi esserci una sottostima rispetto ai dati reali.

 

Tra i motivi che possono spiegare questo primato degli HR ci può essere paradossalmente proprio la questione della retention aziendale: con un turnover così frequente, la richiesta di professionisti capaci di fare un buon recruiting è aumentata notevolmente.

 

Dunque, il ruolo degli HR in questi anni è davvero essenziale per le imprese e sono proprio loro a poter monitorare gli indicatori predittivi di un elevato turnover in azienda per mettere in atto le soluzioni più adatte.

 

5 indicatori da monitorare

L’analisi di grandi quantità di dati relativi alla forza lavoro offre oggi la possibilità di creare banche dati sulle risorse umane.

 

Queste banche dati rivelano l’andamento della gestione dei dipendenti all’interno delle grandi aziende quotate in borsa e consentono agli investitori di capire se si tratta di aziende con un buon potenziale di crescita o a rischio crisi.

 

I dati raccolti includono, tra le altre cose, il tasso di assunzioni e di abbandoni, la proporzione tra uomini e donne in azienda, il mix di etnie presenti.

A questi dati si aggiunge uno studio* condotto sul linguaggio utilizzato dai dipendenti in oltre 4 milioni di recensioni di aziende su Glassdoor, la piattaforma sulla quale gli impiegati possono recensire un’azienda anonimamente.

 

Con l’analisi di 172 argomenti, è stato possibile definire quali fossero gli elementi menzionati con più frequenza in maniera positiva, per arrivare a capire quali elementi possono predire il tasso di retention di un’azienda.

 

Emergono 5 indicatori essenziali, predittivi di un problema di retention aziendale.

 

1. Ambiente di lavoro tossico

Un ambiente di lavoro tossico si definisce attraverso la mancanza di rispetto verso i dipendenti, l’assenza di politiche a favore della parità di genere e dell’inclusività, ma anche attraverso comportamenti disonesti e poco etici, una competitività troppo aggressiva e infine la presenza di vere e proprie molestie e atti di bullismo.

 

Un posto di lavoro tossico è di gran lunga il principale indicatore di un’azienda destinata a gravi difficoltà di retention dei dipendenti.

 

2. Riorganizzazioni e insicurezza in azienda

Quando i lavoratori pensano che il futuro dell’azienda per cui lavorano sia incerto, tendono ad abbandonare velocemente la nave. Questo, tra l’altro, lascia un ulteriore carico di lavoro sulle spalle dei dipendenti che restano e fa aumentare l’eventualità che anche questi decidano di lasciare l’azienda.

 

Più in generale, le persone estremamente attive, sempre connesse e a caccia di opportunità migliorative, possono influenzare il team di colleghi dipingendo scenari molto più allettanti in altre aziende e creando un effetto domino. Qualcuno chiama questo tipo di persone Quitinfluencer.

 

3. Livelli alti di innovazione

Un indicatore predittivo di problemi di employee retention è, a sorpresa, l’alta innovatività dell’azienda.

 

Probabilmente, essere all’avanguardia richiede maggiore coinvolgimento dei dipendenti, più stress e ore da dedicare al lavoro. Una situazione difficile da sostenere nel lungo termine.

 

4. Mancato riconoscimento delle prestazioni dei dipendenti

Il mancato riconoscimento si riferisce ai casi in cui il datore di lavoro non riesce a valorizzare il lavoro di chi si è impegnato di più rispetto a chi ha fatto di meno.

 

Il problema, cioè, scaturisce dal confronto con chi si è speso meno e non riguarda il ricevere o meno premi adeguati in base alla situazione di mercato.

 

5. Scarsa capacità di gestire l’emergenza sanitaria

L’incapacità di implementare una policy adeguata durante la pandemia è stato un fattore che ha inciso sul fenomeno della Great Resignation perché è un elemento che colpisce il dipendente in senso più ampio per la mancanza di policy aziendali che proteggano la salute dei lavoratori.

 

Nello studio condotto su aziende statunitensi, il livello salariale compare soltanto al sedicesimo posto nella classifica degli indicatori di un alto livello di turnover del personale. In altri studi, i salari bassi e la mancanza di opportunità di carriera emergono comunque fra i fattori principali.

 

La situazione in Italia è un po’ diversa. Qui stipendi bassi e contratti irregolari possono rappresentare una motivazione più sostanziale che in altre nazioni, soprattutto per alcuni settori. Certamente, però, non l’unica motivazione e, a parità di condizioni in uno stesso settore, non può certo essere la più importante.

 

* Studio condotto da Donald Sull, Charles Sull, e Ben Zweig pubblicato a Gennaio 2022 su MITSloan Management Review, la rivista del Massachusetts Institute of Technology.

Infografica sui 5 indicatori di rischio elevato turnover

Glassdoor e la web reputation delle aziende

La piattaforma Glassdoor è sbarcata in Italia nel 2019, cominciando a diffondersi grazie alla traduzione di milioni di recensioni sulle principali aziende multinazionali, scritte originariamente in altre lingue da dipendenti ed ex dipendenti più o meno soddisfatti delle condizioni di lavoro.


Da allora è in costante crescita il numero di utenti italiani che utilizzano la piattaforma per dare la propria opinione o verificare la reputazione di un’azienda prima di accettare un lavoro.


Bastano anche poche opinioni negative, di cui a volte l’azienda non è nemmeno a conoscenza, per creare un effetto domino sulle politiche di talent retention e ancor prima di talent acquisition delle imprese.


La web reputation è quindi un elemento essenziale da tenere sotto controllo così come si fa nei confronti dei propri clienti, attraverso le stelline di Google e di Trustpilot e le testimonianze raccolte sul proprio sito web.


Una curiosità: Glassdoor totalizza una sola stellina su Trustpilot, mentre Trustpilot ha una media di 4 stelline su Glassdoor!



Il contratto psicologico

A ben vedere, quindi, le principali sfide che le aziende stanno affrontando nell’ambito delle risorse umane hanno tutte un denominatore comune.


Talent scarsity, quiet quitting, great resignation sono facce della stessa medaglia: la rottura del contratto psicologico. Quel contratto psicologico che si instaura tra azienda e dipendente al momento dell’assunzione e va ben oltre l’accordo scritto sulle mansioni da svolgere per ricevere lo stipendio.

Si tratta di mantenere le aspettative di entrambe le parti, aziende e dipendenti, perché la scelta non è una strada a senso unico.


Le aziende considerano positivamente il dipendente entusiasta e disponibile, che si comporta come se il progetto imprenditoriale fosse un po’ anche suo.  

D’altra parte, il dipendente si aspetta essenzialmente tre cose dall’azienda per cui lavora:

  • fiducia
  • correttezza
  • giustizia


Quando il dipendente sente che l’accordo non è rispettato può fare due cose: il cosiddetto quiet quitting, cioè restare e lavorare il minimo indispensabile, esattamente quello per cui viene pagato. Oppure, ovviamente, cambiare azienda.

 

In entrambi i casi, l’azienda affronta il costo di questa insoddisfazione, sia per il morale dei dipendenti che restano e sia per il denaro speso tra selezione e on-boarding, posizione vacante, produzione ridotta e transizione e training del dipendente sostitutivo. Secondo alcuni studi, la perdita sarebbe l’equivalente di 6/9 mesi di stipendio del dipendente.

La gestione di questo accordo non verbale è quindi fondamentale, una skill su cui i manager devono investire e in questo ambito gli esperti di risorse umane giocano un ruolo essenziale.

Secondo alcuni studi, la perdita economica dell'azienda dovuta ai costi di
sostituzione di un dipendente sarebbe l'equivalente di 6/9 mesi del suo stipendio.

Le soluzioni che aumentano la retention aziendale

È difficile trovare soluzioni che possano funzionare in tempi brevi, soprattutto quando i problemi principali riguardano modelli aziendali ormai consolidati che richiedono un lavoro lungo per essere sovvertiti.

 

Ci sono però alcune strategie di breve termine che possono contribuire a migliorare il livello di retention.

 

 

Opportunità di carriera laterali

Per alcuni dipendenti è più interessante un’opportunità laterale, cioè un cambio alla pari senza promozione, per provare qualcosa di diverso e allargare il campo delle proprie esperienze senza assumersi maggiori responsabilità.

 

Organizzazione del lavoro in remoto

Su questa soluzione stanno convergendo molte aziende e questo rende quindi la soluzione meno efficace nel miglioramento della retention del personale.

Si tratta comunque di un’opzione da offrire ai dipendenti che potranno decidere liberamente di lavorare in smart working per un determinato lasso di tempo massimo deciso a monte insieme all’azienda.

 

Eventi sociali sponsorizzati dall’azienda

La possibilità di condividere momenti piacevoli insieme ai colleghi è da lungo tempo uno strumento efficace di fidelizzazione dei dipendenti e di employer branding.

 

In questi anni gli incontri di persona hanno assunto una particolare valenza, dopo il lungo isolamento della pandemia e l’adozione dello smart working in molte aziende.  

 

La scelta del tipo di evento aziendale e la comunicazione all’interno dell’evento vanno pianificati con attenzione per non ottenere un effetto boomerang.

 

Programmazione chiara

Con programmazione chiara si intendono due aspetti importanti:

 

– Orari di lavoro ben definiti, senza troppi cambiamenti all’ultimo momento per emergenze più o meno continue.

– Una visione chiara di quello che il dipendente può aspettarsi dall’azienda nell’immediato e nel futuro, almeno per i prossimi 6/12 mesi.

 

Proprio per questo, è bene anche esplicitare gli aspetti negativi del lavoro già in fase di colloquio, così come di solito si evidenziano gli aspetti positivi. Questa prassi ha un buon impatto sulla capacità di retention dei dipendenti.

 

Stay interview ed exit interview

L’ascolto è un elemento essenziale. Un buon punto di partenza è avere consapevolezza organizzativa, iniziando con una verifica dell’attuale situazione e del livello di engagement di ciascun dipendente.

 

I manager devono prevedere momenti periodici di scambio reciproco per monitorare l’umore e le aspettative dei dipendenti. Saranno incontri one-to-one tra manager e dipendente, con un’agenda chiara e definita e condivisa in anticipo.

 

Altrettanto importante è l’exit interview, quando ormai il dipendente ha deciso di cambiare azienda e può probabilmente esprimere le proprie opinioni con maggiore libertà.

 

Benefit, premi e piano di carriera

Premi, benefit e piani di carriera ben definiti sono leve di fidelizzazione particolarmente apprezzate dai dipendenti della generazione Z e dai Millennial, che sono attualmente in una fase della loro carriera in cui ambiscono a una crescita salariale più rapida. 

Per i dipendenti tra i 25 e i 40 anni questi strumenti sono fattori che possono determinare la decisione di cambiare azienda.

 

Alcune imprese hanno anche istituito premi in denaro e riconoscimenti per i dipendenti che decidono di restare in azienda per un periodo sufficientemente lungo, dai 3 ai 5 anni.

 

Naturalmente, una soluzione valida per tutte le aziende e per tutti i dipendenti è praticamente impossibile, considerando anche le enormi differenze legate a ciascuna generazione.

 

 

Di certo è evidente che il modello lavorativo attuale è in una fase di cambiamento irreversibile ed è necessario un approccio agile per fronteggiare questa situazione, investendo a lungo termine sulla cultura aziendale e il benessere dei dipendenti. 

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Benedetto Caramanna

Fondatore e Managing Director di Sales Line
Da oltre vent’anni mi occupo di headhunting. Nel 2008 ho fondato la Sales Line sviluppando l'attività di headhunting e recruiting sia per PMI che per multinazionali. Entriamo in contatto su LinkedIn

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