Le soft skills su cui investire per far crescere l’azienda

Troppo importanti per essere considerate davvero soft, personalmente penso che in realtà le soft skills siano un investimento essenziale per far crescere le persone e l’azienda, perché sono le competenze che permettono di costruire tutte le altre, le competenze tecniche appunto.

Tabella dei Contenuti

Prima di tutto: distinguere e misurare le soft skills

Il termine soft si deve a un’errata convinzione: inizialmente utilizzato in contrapposizione alle hard skills, quelle tecniche che distinguono un mestiere in verticale, il termine soft è nato con la convinzione che non si potesse misurarle e quindi fossero competenze intangibili.

Sono anche dette trasversali, cioè una sorta di minimo comune denominatore del mondo professionale.

 

Credo sia utile distinguerle in tre macroaree:

 

  • Organizzative, come ad esempio la gestione del tempo, delle priorità, la presa di decisione, l’accuratezza e il metodo.
  • Cognitive, legate agli stili di pensiero razionale, sistemico, logico deduttivo, linguistico.
  • Emotive, ovvero tutta la gamma di competenze che permette di conoscere e governare i propri processi emotivi e quelli degli altri, fino alle dinamiche di gruppo.
 

In verità, il successo professionale è dato più dalla padronanza e dalla ricchezza in queste famiglie di competenze che dalle competenze tecniche. Perciò il bisogno di queste competenze cresce al crescere delle responsabilità organizzative.

 

Se sono così decisive, come si fa a valutarle?

 

Contrariamente al nome dato loro, le competenze soft non sono così intangibili da diventare non rilevabili. Semplicemente, le abilità tecniche sono più facili da cogliere o forse siamo solo più allenati.

 

L’esperienza degli ultimi 30 anni ci ha dimostrato che si possono misurare con precisione ed efficienza anche le competenze soft.

Per farlo occorre mettere a punto un processo per la rilevazione e la registrazione di comportamenti osservabili, agiti dalla persona, soprattutto in ambito lavorativo.

 

Gli ingredienti sono tre:

 

  1. un processo di assessment ben strutturato
  2. strumenti calibrati
  3. professionalità ben formate

 

Insomma, misurare le competenze soft è possibile ed è proprio una questione di competenze, oltre che forse anche di modello culturale!

Assessment Soft Skills - Sales Line

Quali sono le competenze soft più importanti su cui investire?

Per rispondere a questa domanda, è utile partire dalla considerazione che molto dipende da una serie di fattori di contesto, dal ruolo, dai modelli organizzativi, dallo stile dell’azienda tanto per cominciare.

 

Se si è inseriti in una struttura a matrice, la capacità di leggere la complessità organizzativa e di negoziare con diversi ruoli gerarchici è vitale, ad esempio.

Il contesto di crescita poi può favorire lo sviluppo delle competenze soft oppure farle “perdere”, in un certo senso.

 

Credo che ogni azienda avrebbe un beneficio dall’individuare le competenze soft chiave, quelle che sono collegate alla strategia e al suo sviluppo di business, che facilitano la coesione e il gioco di squadra.

Le competenze trasversali predicono il successo nella vita e sono esse stesse la ragione di quel successo.

Da Hard evidence on soft skills di James J. Heckmanabc e Tim Kautza

I trend per i prossimi anni

Si possono individuare alcuni grandi trend in relazione agli scenari che stiamo vivendo.

 

In un mondo che non è più solo liquido, ma direi addirittura gassoso per la velocità dei cambiamenti e l’instabilità, si vanno affermando modelli organizzativi a rete e sempre più aperti al network con soggetti che sono parte non solo dell’azienda, ma dell’ecosistema in cui essa è inserita.

 

Basti pensare al modello olocratico, tanto per fare un esempio.

 

Di conseguenza emergono necessità di leadership, organizzazione, assunzione di responsabilità e affidabilità diffusi, non più concentrati in pochi soggetti ai vertici dell’organizzazione.

 

Quindi, anche alle persone operative è richiesto di sapersi organizzare autonomamente in modo efficiente.

Devono tutti essere in grado di comunicare assertivamente creando contesti win/win, di fare networking in reti complesse, di essere flessibili e catalizzatori del cambiamento.

 

Ai capi viene richiesto sempre più di essere facilitatori, allenatori dello sviluppo delle competenze dei collaboratori, piuttosto che istruttori.

Un leader oggi deve saper gestire costruttivamente errori e dissenso, fino a promuovere la disobbedienza, da cui nascono le idee di discontinuità che sono spesso vitali per la competitività dell’impresa.

 

Certo però tutto questo non vale nel caso in cui l’organizzazione sia basata sulla gerarchia in senso più tradizionale o prediliga sistemi molto strutturati di controllo capillare.

 

In questo caso direi che le competenze necessarie sono di tutt’altro tipo.

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Le previsioni del futurologo

Bernard Marr, scrittore tedesco esperto di affari e tecnologia, fa notare che le soft skills sono le uniche abilità che attualmente non possono essere automatizzate.

In questi prossimi anni, secondo Marr, le abilità prettamente umane su cui investire saranno creatività, pensiero critico, comunicazione interpersonale, leadership e applicazione di qualità emotive come la cura e la compassione.

Marr è arrivato a stilare una lista di 16 soft skills essenziali nel prossimo futuro. Proviamo a suddividere le competenze trasversali che Marr cita nel suo articolo nelle tre macroaree di cui parlavo.

 

Organizzazione

  1. Veleggiare nella gig economy: il modo di lavorare del futuro secondo Marr, tende a diventare sempre più flessibile, con frequenti cambi di lavoro, come avviene nell’attuale gig economy. Occorrerà avere la capacità di destreggiarsi in un simile ambiente
  1. Saper fare valutazioni in processi decisionali complessi: la capacità cioè di comprendere l’impatto più ampio che le decisioni possono avere in un quadro complesso, sul medio e lungo termine
  1. Gestire il tempo: qualità necessaria sia per trovare i propri spazi personali che per ottimizzare il modo di lavorare
 

Le abilità Cognitive

  1. Pensare in modo critico: la capacità di trovare fra le migliaia di informazioni oggi disponibili quei dati affidabili che consentono di prendere decisioni
  1. Essere creativi: la capacità di generare nuove idee con metodo, non come risultato estemporaneo, l’uso del pensiero laterale e del pensiero strategico insieme
  1. Essere adattabili e flessibili: avere una mentalità flessibile, non attenersi a rigide mappe mentali e adattarsi sul posto di lavoro
  1. Avere curiosità: conservare sempre uno spirito curioso e continuare a imparare nel corso della vita professionale
 

Le abilità emotive

  1. Coltivare l’empatia: l’intelligenza emotiva è una forma di consapevolezza delle emozioni proprie e altrui e la capacità di gestirle
  1. Avere abilità di comunicazione interpersonale: saper ascoltare, in primis, e anche saper trasmettere agli altri il proprio pensiero
  1. Saper collaborare: essere propensi a lavorare bene con gli altri è una qualità ovviamente indispensabile se si lavora in un’organizzazione
  1. Avere intelligenza culturale: questa abilità è un’altra forma di consapevolezza. Consapevolezza della diversità che nei prossimi anni aumenterà sempre più nel contesto lavorativo e sociale. È una skill necessaria per lavorare in modo efficace con chiunque e in qualunque ambiente, ma anche per riuscire a evitare i bias cognitivi nell’analisi dei dati
  1. Avere capacità di leadership, non soltanto quando si è al vertice di un’organizzazione, ma in qualunque posizione si abbia in azienda.
  1. Gestire il proprio brand personale e fare rete: costruire relazioni e ampliare il proprio network online e offline
  1. Integrità e deontologia professionale: ecco ancora un’altra forma di consapevolezza che si rende necessaria per comprendere le implicazioni etiche del proprio lavoro e della tecnologia che viene impiegata e per valutarne l’impatto sulle persone e sull’ambiente
  1. Cura di sé: saper trovare l’equilibrio tra lavoro e vita privata e avere cura della propria salute fisica e mentale
  1. Andare incontro al cambiamento: accettare e gestire i cambiamenti sul posto di lavoro senza sentirli come un’imposizione
 

Come si può notare, con questa riclassificazione le maggior parte delle competenze individuate sono legate all’intelligenza emotiva, eppure assistiamo ad un paradosso: al crescere delle sfide in cui queste abilità sono sempre più richieste, si assiste ad un impoverimento di esse in larghi strati della popolazione.

David Goleman aveva già individuato questo paradosso nel suo libro “Lavorare con intelligenza emotiva”. Una difficoltà che si avverte anche in azienda, specialmente nella ricerca dei collaboratori.

Molti candidati tecnicamente capaci, infatti, “cadono” per gap legati alla sfera emotiva.

Una competenza essenziale per gli HR

La competenza che più auspico di trovare negli HR è quella relativa al cambiamento, con una accezione ancora più sfidante rispetto alla competenza n 16.

 

Infatti, nel ruolo che è loro richiesto, non si possono limitare ad accettare il cambiamento, ma  penso debbano essere tra i principali promotori e catalizzatori di esso, divenendo gli scout di nuovi sentieri organizzativi e nuove forme del lavoro.

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Barbara Principi

Responsabile della BU Assessment and Development di Sales Line

Consulente per lo sviluppo organizzativo – Strategic HR.
Appassionata di persone e organizzazioni umane, del gioco di squadra in un mondo più sostenibile. Benessere e gioia sono gli indicatori chiave di un business sostenibile.

Mi occupo di Strategic HR - Employee engagement - Culture change · People management · Gestione dei cambiamenti · Sviluppo organizzativo.

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